febbre a 90°

certo che è stata una bella botta.
e non per il fatto in sé, quello era preventivato.
ma per come è venuto. che sicuramente non c’era modo peggiore per un tifoso.
una delusione cocente dopo una tensione impressionante, scariche di adrenalina a mille, l’atmosfera intorno che sembra manchi l’aria, urla di gioia, pazzia, paura; ci si crede fino in fondo e in fondo invece trovi la beffa che ti leva le parole.

incassi, deglutisci e guardi.
e senti ancora quel boato che è il tifo, senti ancora quel “champions” urlato con l’orgoglio e la tensione di essere lì, proprio lì. urlato che ti fa vibrare lo stomaco, la cassa toracica, il cuore.
guardi e vedi che ci hai provato, con tutte le tue forze che di più non potevi fare.
che la fortuna, solo quella, ti ha voltato le spalle e non contenta ti ha dato un calcio nel culo.
ma ci sei e ci sei stato e avresti potuto esserci ancora.
vedi i giocatori distrutti dalla stanchezza e all’improvviso è l’orgoglio, l’orgoglio di una partita così che ti riempie la gola, i polmoni.
e vuoi solo urlare grazie per averlo vissuto, anche se breve, anche se sfortunato, vuoi solo urlare grazie perché tutti ci hanno buttato il cuore e l’anima e le palle e la testa.
tutti come se fossero uno. tutti come se fossimo uno.

sì, l’ultima volta che ho giocato nell’Europa dei grandi era ieri.
proprio ieri sì.
e trasudo orgoglio per i miei colori.

molti non capiranno. non fa nulla.
qualcuno perché non è tifoso e se non sei tifoso è chiaro che non puoi capire.
qualcuno perché non l’ha mai vissuto e se non l’hai mai vissuto beh… puoi solo inventarti spettatore per l’ennesima volta e per l’ennesima volta vivere di riflesso. e poi il dono di non rendersi ridicoli è per pochi, non per tutti 😉

ieri ho giocato in champion’s league e ho ancora i brividi addosso a ripensarci.
grazie ragazzi!
questo applauso è per voi. 🙂

e già, come dice Nick Hornby, è qualcosa che non puoi capire se non ci sei dentro.

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