Vecchioni, la piccola Anna e i sogni che bisogna sognare

 

Trent’anni fa ero io una bambina al teatro Universale di Genova; emozionata e col cuore in gola cantavo ogni canzone mentre sul palco Vecchioni cantava e mi sembrava un sogno. Stavo crescendo con le sue parole, mia madre, mio padre e mio fratello.

Cantavo. Il caso ha voluto allora che la moglie fosse seduta proprio davanti a me.
Sì è voltata e mi ha detto: “Ma le sai proprio tutte! Se vuoi ti porto a conoscerlo dopo il concerto”.
Dio sa le lacrime che ho pianto per l’emozione di incontrarlo.
Ci ha accompagnato nei camerini e Vecchioni è venuto a salutarci; io ero come paralizzata. Mi ha dato un bacino, ho pianto per non so quanto dopo.

Sabato sera, concerto a Genova: ci siamo noi, seduti in seconda fila.
Mio padre non c’è più, ma noi siamo lì: mia madre, mio marito, mio fratello con la sua famiglia… e i miei due figli, Marco e Anna.
Anna ha otto anni ed è uno scricciolo di sogni, emozioni che non sa trattenere. Il concerto vola via tra le sue parole, il mio cuore che scoppia, tutta la sua emozione che trabocca in entusiasmo e lacrime appese.
A fine concerto vuole provare ad aspettare all’uscita. Sogna un autografo. Ci fermiamo. E quando qualcuno ci dice che Roberto è nel foyer a firmare, torniamo dentro di corsa. Anna ha gli occhi che sembrano lucciole.
“Tocca a noi mamma, tocca a noi, io cosa gli dico, non mi escono le parole… Gli dico che è il mio preferito e che mi viene da piangere adesso”.
Poi si avvicina col suo quadernino, lui le chiede come si chiama, quanti anni ha, che classe fa… Le firma il quadernino e le da la mano. Le sorride.
Lei sorride e io la conosco, le sta scoppiando il cuore.
Sì gira, si allontana con me… E scoppia a piangere.
Perché questo le fanno le emozioni: traboccano. Piange di felicità.
Il seguito è qualcuno dello staff che ci richiama, Roberto che si alza, la prende in braccio, le parla. Lei che lo abbraccia.
E forse non sai Roberto che regalo in emozione le hai fatto, perché le lacrime che ha continuato a piangere quasi fino a casa erano tutta l’emozione che non riusciva a contenere.
“mamma, io non lo so cos’è e perché, non riesco a crederci
“Mamma, questo è un sogno mio che si avvera. Proprio come la storia che ha raccontato al concerto, bisogna sognare i sogni. Ma non basta. Poi bisogna crederci“.

Io voglio solo ringraziarti. Quello che hai dato alla mia vita non lo sai e non sono in grado di spiegarlo; se mi guardo indietro è come se tutto scorresse sulle note di una colonna sonora. E la mia felicità – quella che tu ieri hai descritto come il “tutto” della vita – ha la tua musica, le tue parole come sottofondo.
Ora guardo indietro con dolcezza e malinconia, guardo e ascolto.
Poi guardo qui, ora e ti ritrovo ancora; guardo gli occhi di una bambina che impara la bellezza dei sogni, delle emozioni e che nel suo letto alla sera, dopo averti incontrato, prima di addormentarsi stremata mi dice: “questa cosa che sento adesso non la dimenticherò mai. E la sento dentro, qui, ce l’ho dentro io. Posso tirarla fuori quando voglio, pensarla di nuovo. E nessuno può prendermela“.
Grazie. Non so dire nient’altro.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.