l’impotenza

Ho sempre creduto di poter vivere con distacco e non sulla pelle queste sensazioni, nonostante la mia situazione di lavoratrice-precaria, in bilico tra le scappatoie dell’azienda per evitare assunzioni, sempre alle prese con"stop and go" – che suona molto figo -, sospensioni dal lavoro e riassunzioni per evitare la consequenzialità dei miei periodi lavorativi (che sarebbero stati una trappola senza via d’uscita per l’azienda… e sto parlando di un’azienda pubblica).
Ho sempre vissuto con sicurezza il mio lavoro, ormai sono anni che è così; il lavoro mi piace, faccio quello che mi piace, vivo questo contratto ormai come una "ingiustizia" sì, ma anche come uno "scotto" da pagare per svolgere il lavoro che vorrei.
Ed ero tranquilla.
Troppo tranquilla.
FInché anch’io mi trovo catapultata nella categoria di chi il lavoro lo sta per perdere.
Di quelli ai quali un articolo di una legge porterà via il lavoro.
E vista la situazione mia, madre con figlio piccolo, tutta la maternità facoltativa ancora da poter fare, città con tasso di occupazione "grat grat", le difficoltà a trovarne un altro saranno non poche.
Comunque… non è questo il punto.
Il punto sono io. Questa sensazione di impotenza di fronte al mio futuro.
I signori ministri, i signori senatori si riuniranno. Prima delle ferie ovviamente.
Decideranno. Voteranno.
Lo faranno per il bene del mercato, della liberalizzazione… lo faranno per altre mille ragione. Anzi solo per un’altra ragione… ma non voglio un post polemico.
Non lo faranno però per me; non lo faranno però per quelli come me.
E siamo tanti, solo qui, solo noi, siamo metà dell’azienda.
Decideranno, voteranno. E noi a scadenza di contratto, tra due mesi, saremo tutti a casa.
Questa è l’impotenza.
Io qui aspetto, coltivo la mia piccola speranza e aspetto.
Questa è la mia impotenza.
O la potenza degli altri.

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