ero sul tetto della palazzina in cui lavoravo prima. fumavo una sigaretta.
non ero io ma era come se lo fossi… se qualcuno che amo forte fa un viaggio, io sono lì e vivo ogni angolo che incontra.
ero sul tetto e guardavo il cielo dei gabbiani. e avevo al solito la testa piena di parole.
sono una figlia del mio tempo, lo ammetto. scrivo sulla carta e sul telefonino, amo leggere e riempire i miei spazi di parole.
e guardavo il cellulare mi sembrava traboccasse… così, ho pensato… e se lo lascio cadere? L’ho immaginato prima fluttuare – e so che non è vero, non sono pazza (forse) – poi cadere precipitando.
L’ho visto nell’impatto, l’ho visto nitidamente… spaccarsi.
disfarsi a terra.
ed ecco, decine, centinaia di parole rotolare via, come liberate, uscire e spargersi per l’aria, per il parcheggio, sotto il sole caldo; come fogliettini, un po’ interi, un po’ strappati.
E io guardavo.
E avevo un sottile senso di ansia…