Domenica, lavori pesanti.
Il topobambino fa legna. Raccoglie pezzi di tronchi e li mette nella carriola con impegno, stringendo gli occhi, nella sua tutina gialla e blu.
mentre i grandi indaffarati vanno avanti e indietro, lui concentrato continua il suo lavoro.
legno, carriola, legno, carriola
ma poi perché non posso portare anch’io? Ci scommetto che riesco a spingerla, questa carriola così grande, così più grande di me.
alza le braccine e si appende alle manopole.
la carriola si rovescia.
il topobambino cade e un braccio della carriola lo colpisce sul labbro.
bua. pianto.
Lo prendo in braccio e lo stringo
"non è niente, ora passa, non è niente" e gli accarezzo la testa.
Quando tira fuori dalla mia spalla la faccia vedo che la bocca è sporca di sangue.
non è niente, un piccolo taglietto sul labbro.
lo bagnamo e rimane un po’ di gonfiore e niente più.
ma io ho bisogno di stringerlo e abbracciarlo.
rimango con questa fame che non si placa.
stai con me.
sono io che ho bisogno, ora.